Commercialisti e conservazione documentale: nessun obbligo dopo la riconsegna

Una volta terminato l’incarico e consegnata la documentazione al cliente, il commercialista non è obbligato a conservarne copia. Lo ha ribadito il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC) con il Pronto Ordini n. 90/2024 del 21 gennaio, rispondendo a un quesito dell’Ordine di Palermo.

Le responsabilità dell’imprenditore

Secondo l’ordinamento professionale, non esiste alcuna norma che imponga al commercialista l’obbligo di custodire scritture contabili e documenti fiscali oltre il tempo necessario all’espletamento dell’incarico. L’articolo 2214 del Codice Civile stabilisce infatti che è l’imprenditore a dover conservare libri e scritture contabili, mentre l’articolo 2220 impone la loro conservazione per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione.

Tuttavia, molti clienti tendono a delegare implicitamente tale obbligo ai consulenti, dimenticando di essere i primi responsabili della custodia. Quando sorgono richieste di esibizione documentale, ad esempio in caso di accertamenti fiscali o procedimenti giudiziari, non è raro che l’imprenditore tenti di addossare la responsabilità al commercialista, accusandolo di una cattiva gestione della documentazione.

Il chiarimento del CNDCEC

Il Pronto Ordini del CNDCEC ha specificato che, una volta riconsegnati i documenti e ottenuta una formale dichiarazione di ricezione da parte del cliente, il professionista è sollevato da qualsiasi obbligo di conservazione, anche in formato digitale. Da quel momento, ogni responsabilità ricade esclusivamente sull’imprenditore, che dovrà garantire la tenuta e l’archiviazione delle scritture contabili per il periodo previsto dalla legge.

Nessun obbligo oltre la riconsegna

Il chiarimento assume particolare rilevanza nei contenziosi tra commercialisti e clienti, evitando richieste di risarcimento per la perdita di documenti. Inoltre, rafforza il principio secondo cui il contratto di deposito, disciplinato dall’articolo 1766 del Codice Civile, ha termine con la restituzione del materiale al legittimo proprietario.

La conservazione della documentazione contabile è quindi una responsabilità che non può essere trasferita automaticamente al consulente. Un principio che il CNDCEC ha voluto ribadire per evitare equivoci e potenziali conflitti tra professionisti e imprenditori.


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Crisi del pubblico impiego: tra fuga dai concorsi e riforme mancate

Negli ultimi anni, il pubblico impiego ha perso attrattività, soprattutto a livello locale. Il numero di partecipanti ai concorsi è in calo e spesso insufficiente a coprire i posti disponibili. Inoltre, i candidati risultano sempre meno preparati e i nuovi assunti faticano a trovare stabilità. Questa tendenza ha messo in difficoltà gli enti locali, compromettendo l’efficienza delle strutture amministrative e la qualità dei servizi.

Le cause del declino

Le ragioni della fuga dal pubblico impiego sono molteplici. Da un lato, vi sono vincoli finanziari che limitano la capacità di assunzione degli enti, aggravati dall’assenza di sostegno statale per i costi del personale. Dall’altro, le procedure di accesso si rivelano complesse e spesso inefficienti: tra mobilità obbligatoria e tempi lunghi per i concorsi, le amministrazioni si trovano a dover affrontare mesi di attesa prima di poter coprire i posti vacanti.

Anche il professor Sabino Cassese, in un recente editoriale sul Corriere della Sera, ha sottolineato il problema: “Negli ultimi anni, lavorare per i poteri pubblici è divenuto meno interessante a causa del calo demografico e dell’immagine deteriorata del ‘servitore dello Stato’. Se la politica vuole contare su personale competente, deve garantire indipendenza e professionalità, evitando logiche di appartenenza.”

Contratti e riforme: soluzioni in ritardo

In questo contesto, la trattativa per il rinnovo del contratto 2022-2024 si è rivelata complessa e in ritardo, con l’adesione della sola CISL e delle sigle autonome, ma senza il consenso di CGIL e UIL, necessario per la stipula definitiva. Il governo ha promesso interventi innovativi sul trattamento economico, ma l’accordo appare ancora lontano.

La sfida, dunque, è rendere nuovamente attrattivo il lavoro pubblico, non solo dal punto di vista economico, ma anche attraverso formazione, crescita professionale e valorizzazione del ruolo degli amministratori. Investire nel capitale umano della pubblica amministrazione è essenziale per migliorare i servizi e ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.


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DeepSeek, la ChatGPT cinese che sfida gli USA. Trump: “Creerò uno scudo di protezione”

Trump lancia l’allarme: “Dobbiamo restare concentrati sulla competizione”

Parlando davanti agli eletti del Partito Repubblicano in Florida, Donald Trump ha definito il lancio di DeepSeek, il chatbot a basso costo sviluppato da una startup cinese, un segnale d’allarme per gli Stati Uniti. Il presidente ha annunciato che ordinerà la costruzione di uno scudo antimissile “Iron Dome” per proteggere il Paese.

“Il lancio di DeepSeek AI da parte di un’azienda cinese dovrebbe far suonare un campanello d’allarme nei nostri settori. Dobbiamo rimanere focalizzati sulla competizione per vincere”, ha dichiarato Trump.

L’annuncio ha avuto immediate ripercussioni sui mercati finanziari: lunedì i titoli delle Big Tech americane hanno subito pesanti perdite, temendo che il dominio statunitense nell’intelligenza artificiale possa essere messo in discussione. Oggi, però, Wall Street tenta una ripresa.


DeepSeek-V3: più economica e performante

DeepSeek-V3, la nuova versione del chatbot cinese, ha superato ChatGPT nella classifica dei download gratuiti su Apple Store, sia in Cina che negli Stati Uniti. Il software è stato sviluppato con un budget di soli 6 milioni di dollari in due mesi, contro i 100 milioni spesi da OpenAI per l’addestramento del suo GPT-4.

Il segreto di DeepSeek? L’azienda cinese ha dovuto aggirare le restrizioni imposte dagli USA sulle esportazioni di chip avanzati NVIDIA, sviluppando un modello ottimizzato per funzionare con hardware meno performante. Il risultato è un’intelligenza artificiale altamente competitiva a costi ridotti, con un impatto potenzialmente devastante per il business delle Big Tech americane.

Secondo gli esperti, il settore dell’IA rischia una guerra al ribasso sui costi, con DeepSeek che potrebbe spingere i colossi statunitensi in una logorante competizione sui prezzi, un’arma storica della strategia commerciale di Pechino.


Un’IA selettiva: censura su Xi, prolissa su Trump

Nonostante la sua efficienza, DeepSeek non è esente da critiche. Il chatbot si rifiuta di fornire informazioni su Xi Jinping, suggerendo di “parlare di altro”, mentre su Donald Trump fornisce una descrizione dettagliata della sua carriera fino al 2021, ignorando del tutto il suo attuale mandato presidenziale.

Alla domanda “La Cina raggiungerà la supremazia mondiale nell’IA?”, il chatbot non esita a evidenziare i progressi del Paese nel settore e il piano di Pechino per diventare leader globale entro il 2030, riconoscendo però gli Stati Uniti come un “forte rivale”.

Mentre il mondo osserva con attenzione, la competizione tra USA e Cina nell’intelligenza artificiale si fa sempre più serrata. DeepSeek rappresenta solo l’ultima mossa di una partita strategica che potrebbe ridefinire il futuro della tecnologia globale.


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Caso Almasri: avviso di garanzia a Meloni e ai ministri, la premier: “Non sono ricattabile”

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme ai ministri Carlo Nordio (Giustizia), Matteo Piantedosi (Interno) e al sottosegretario Alfredo Mantovano, ha ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta sul rimpatrio di Mohamed Almasri, il criminale libico espulso dall’Italia.

Meloni ha scelto di comunicare la notizia direttamente attraverso un video pubblicato sui suoi canali social, in cui ha mostrato il documento ricevuto e ripercorso l’intera vicenda. “Non sono ricattabile, non mi faccio intimidire. È possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore, ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada, a difesa degli italiani, soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione”, ha dichiarato la premier.

L’inchiesta è stata avviata a seguito di una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex senatore e penalista noto per aver difeso pentiti di mafia. La Procura di Roma ha trasmesso gli atti al Tribunale dei ministri, organo competente per valutare eventuali illeciti commessi da membri del governo nell’esercizio delle loro funzioni.

Il caso Almasri e la reazione politica

Mohamed Almasri è stato arrestato a Torino il 18 gennaio, ma la sua detenzione è durata solo 96 ore: non essendo stato convalidato l’arresto, il criminale è stato scortato fino all’aeroporto di Caselle e rimpatriato con un volo di Stato. Una volta atterrato a Tripoli, è stato accolto con celebrazioni e gesti di scherno nei confronti dell’Italia.

Secondo la Corte Penale Internazionale, Almasri è responsabile di torture, violenze sessuali e omicidi avvenuti all’interno del carcere di Mitiga, da lui diretto. Il ministro Piantedosi, intervenendo in Parlamento prima dell’apertura dell’inchiesta, aveva difeso il provvedimento di espulsione, definendo Almasri “un soggetto pericoloso”.

Maggioranza compatta, opposizioni all’attacco

Dopo la notizia dell’indagine, la maggioranza ha immediatamente fatto quadrato intorno alla premier, difendendo la scelta di espellere Almasri come un atto necessario per la sicurezza nazionale. Le opposizioni, invece, hanno chiesto un chiarimento in Parlamento e hanno criticato duramente la decisione di rinviare l’informativa dei ministri Piantedosi e Nordio, prevista per il giorno successivo alla diffusione della notizia dell’indagine.

“Se fosse confermato il rinvio, sarebbe un fatto gravissimo”, hanno dichiarato congiuntamente i capigruppo delle opposizioni, sostenendo che il governo dovrebbe assumersi la responsabilità politica della vicenda davanti alle Camere.

Anm: “Atto dovuto, nessuna condanna preventiva”

Nel frattempo, l’Associazione Nazionale Magistrati ha precisato che l’iscrizione nel registro degli indagati di Meloni e dei ministri non rappresenta una condanna anticipata, ma un “atto dovuto”, in base alla legge costituzionale 1/1989, che impone alla procura di trasmettere al Tribunale dei ministri qualsiasi denuncia ricevuta contro membri del governo.

La vicenda, oltre ad avere ripercussioni politiche immediate, apre scenari ancora incerti per l’esecutivo. L’inchiesta dovrà ora stabilire se il rimpatrio di Almasri sia avvenuto nel rispetto delle leggi italiane e internazionali, o se siano stati commessi abusi da parte del governo.


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Caso Almasri, indagati Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano

Roma, 28 gennaio 2025 – La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato di aver ricevuto un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato, nell’ambito della vicenda legata al rimpatrio del cittadino Almasri.

“La notizia di oggi è questa: il procuratore della Repubblica Francesco Lovoi, lo stesso del fallimentare processo contro Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena notificato un avviso di garanzia. Lo stesso è stato inviato anche al ministro della Giustizia Carlo Nordio, al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano”, ha dichiarato Meloni in un video.

Secondo la premier, l’indagine sarebbe partita da una denuncia dell’avvocato Luigi Ligotti, ex politico di sinistra vicino a Romano Prodi, noto per aver difeso collaboratori di giustizia come Buscetta e Brusca.

L’inchiesta, guidata dal procuratore Lovoi, apre un nuovo capitolo di tensioni politiche e giudiziarie.


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Anomalie Servizi PCT – Consultazione

Si comunica che a causa di anomalie da parte del Sistema Ministeriale (non di Servicematica), si stanno verificando delle interruzioni temporanee nei sistemi di consultazione dei fascicoli telematici.

Consigliamo di ripetere l’operazione in un secondo momento, se non dovesse andare a buon fine.

Ricordiamo che sarà possibile depositare telematicamente con Service1 seguendo l’apposita guida al seguente link LINK GUIDE


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Salvini anticipa il congresso e “frena” i veneti

Matteo Salvini punta dritto al congresso della Lega per rafforzare la sua posizione di segretario e prevenire l’emergere di candidature alternative, soprattutto dai territori veneti e lombardi.

Il leader del Carroccio vuole giocare d’anticipo, convocando l’assemblea il prima possibile per ottenere un nuovo mandato e chiudere ogni spazio a chi potrebbe mettere in discussione la sua guida. Una strategia già tentata in Lombardia, ma che questa volta mira a prevenire dissensi più ampi in un partito sempre più attraversato da tensioni interne.

Il terzo mandato e i rischi di spaccature
Un nodo particolarmente delicato è quello del terzo mandato per i governatori Luca Zaia e Attilio Fontana. Salvini, pur restando vago sul tema, sa che un’apertura in questa direzione potrebbe alimentare le frizioni, soprattutto con gli alleati di governo, poco propensi a concedere deroghe.

Dietro la mossa del congresso c’è anche la volontà di frenare le spinte autonomiste dei territori, in particolare del Veneto, dove il peso politico di Zaia è in continua crescita. Salvini vuole consolidare il controllo su un partito che, negli ultimi anni, ha mostrato segni di frammentazione, con la base spesso in contrasto con le scelte della leadership.

Una sfida decisiva
Se da un lato il congresso può rappresentare un’opportunità per Salvini di blindare la sua leadership, dall’altro il rischio di un confronto aperto tra le diverse anime del partito è concreto. Un’eventuale spaccatura interna potrebbe indebolire ulteriormente la Lega, già alle prese con una difficile ridefinizione del proprio ruolo all’interno della coalizione di governo.

Il Capitano, però, sembra determinato a giocarsi questa carta, consapevole che ogni esitazione potrebbe favorire i suoi avversari interni. La posta in gioco non è solo il futuro della sua leadership, ma anche l’unità di un partito che cerca un difficile equilibrio tra radicamento territoriale e ambizioni nazionali.


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DeepSeek, il Nasdaq crolla sotto la pressione cinese

I mercati tecnologici statunitensi sono stati travolti da un’ondata di vendite, con il Nasdaq che ha chiuso in ribasso del 3,2%. A guidare il crollo è stata Nvidia, che ha perso il 17%, seguita da altre società della filiera dei semiconduttori, tra cui Arm (-10,3%) e AMD (-6%). La causa scatenante è il lancio di DeepSeek, un sistema di intelligenza artificiale open source e a basso costo sviluppato in Cina, che mina la supremazia tecnologica degli Stati Uniti.

Una scossa per Big Tech

La novità ha sollevato dubbi sulla sostenibilità del modello economico delle aziende tecnologiche legate all’intelligenza artificiale. Fino ad ora, il settore si è basato sull’assunto che la domanda avrebbe sostenuto i mega-investimenti in microprocessori e infrastrutture. Tuttavia, DeepSeek sembra dimostrare che è possibile sviluppare soluzioni IA con minori risorse. Questo potrebbe ridurre le prospettive di crescita per i big del settore, spingendo gli investitori a rivedere le loro strategie.

Colpite anche le europee

L’impatto della notizia non si è limitato agli Stati Uniti. In Europa, il comparto tecnologico dello Stoxx Europe 600 ha registrato una perdita del 3,2%. Tra le aziende più colpite, l’olandese ASMI (-7,8%) e la tedesca Infineon (-4,9%). La competizione cinese, infatti, preoccupa anche i produttori europei di chip.

Apple resiste

In un contesto di vendite generalizzate, Apple ha rappresentato una rara eccezione, chiudendo in rialzo del 3,7%. La società di Cupertino sembra beneficiare di una minore esposizione agli investimenti nell’intelligenza artificiale rispetto ai concorrenti come Microsoft, Amazon e Meta. Inoltre, la possibilità di offrire DeepSeek nel proprio store potrebbe rappresentare un’opportunità più che una minaccia.

Lo spettro della “bolla IA”

Secondo alcuni analisti, il crollo del Nasdaq potrebbe essere la prima avvisaglia di una possibile “bolla dell’IA”. Louis Gave, di Gavekal Research, ha paragonato la situazione attuale al periodo delle dot-com, sottolineando che qualsiasi evento in grado di mettere in discussione le narrazioni di crescita potrebbe far deragliare il settore. Altri, come Gian Marco Salcioli di Assiom Forex, sono meno pessimisti, ritenendo prematuro valutare l’impatto reale della tecnologia cinese sulle quote di mercato statunitensi.

Fuga verso la sicurezza

In parallelo al crollo azionario, si è registrata una corsa verso i titoli di Stato. Il rendimento del Treasury americano a 10 anni è sceso al 4,5%, segno di un aumento della domanda. Anche i BTP italiani hanno visto una leggera flessione nei rendimenti, con lo spread rispetto al Bund tedesco che ha chiuso a 110 punti base.

La mossa di Pechino non è solo una questione tecnologica, ma si inserisce nel più ampio contesto della guerra commerciale con Washington. Il segnale al nuovo presidente statunitense è chiaro: la Cina non intende restare passiva di fronte alla strategia della Casa Bianca.


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Trump: Microsoft in trattative per TikTok, decisione entro 30 giorni

Microsoft è ufficialmente in trattative per acquistare TikTok. Lo ha confermato l’ex presidente Donald Trump, ora tornato in carica, parlando con i giornalisti durante un volo di ritorno dalla Florida a Washington. “Mi piacciono le guerre di offerte, perché così si ottiene il miglior affare,” ha dichiarato. “C’è molto interesse per TikTok. Se firmo, qualcuno lo comprerà, pagherà molti soldi, creerà posti di lavoro, terrà aperta una piattaforma e sarà molto sicura. Se non firmo, allora chiude.”

Una decisione cruciale per TikTok

TikTok, che conta circa 170 milioni di utenti negli Stati Uniti, è al centro di una controversia che risale a prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca. La piattaforma era stata brevemente rimossa dalla rete lo scorso 19 gennaio, in previsione dell’entrata in vigore di una legge che obbligava la società madre, ByteDance, a venderla per motivi di sicurezza nazionale. Gli Stati Uniti temono che i dati degli utenti possano essere utilizzati impropriamente dalla Cina.

Per evitare la chiusura immediata, Trump ha firmato un ordine esecutivo che rinvia di 75 giorni l’applicazione della normativa. Tuttavia, la decisione finale sul futuro del social network dovrà essere presa entro 30 giorni.

Il futuro di TikTok nelle mani di Trump

Trump ha confermato di essere in trattative con diverse parti interessate all’acquisto della piattaforma. Tra queste, Microsoft sembra essere il principale candidato. La società di Redmond avrebbe l’opportunità di acquisire il controllo di TikTok negli Stati Uniti, garantendo maggiore sicurezza per i dati degli utenti e preservando migliaia di posti di lavoro legati all’app.

Il caso TikTok rappresenta una delle prime grandi sfide del secondo mandato di Trump, che sembra determinato a ottenere un risultato vantaggioso sia dal punto di vista economico sia strategico. Intanto, la Corte Suprema ha già confermato il bando sull’app, lasciando al presidente il compito di definire il destino di una delle piattaforme più popolari del momento.


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Firma digitale per elettori con disabilità: il sì della Consulta apre la strada alla piattaforma online

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi gli articoli di legge che impedivano agli elettori con disabilità di utilizzare la firma digitale per sottoscrivere liste elettorali. Con la sentenza n. 3, depositata ieri, la Consulta ha accolto il ricorso dell’Associazione Luca Coscioni, riconoscendo che l’ordinamento giuridico non può trasformare in “inabile” chi, con adeguati strumenti tecnologici, sarebbe in grado di esercitare pienamente i propri diritti politici.

Secondo la Corte, è superata la preclusione all’uso della firma digitale, risalente a un’epoca in cui questa tecnologia non esisteva. «Impedire a un elettore con disabilità di utilizzare modalità elettroniche rappresenta un aggravio non necessario né proporzionato», si legge nella sentenza. La Consulta invita quindi il Governo ad aggiornare la normativa e a garantire l’accesso alla piattaforma online per la presentazione delle liste elettorali.

Il caso Gentili e il ricorso alla Consulta

La questione è nata dal ricorso di Carlo Gentili, affetto da SLA e impossibilitato a firmare autograficamente. Nel 2024, in occasione delle elezioni regionali del Lazio, Gentili aveva tentato di presentare la lista Referendum e Democrazia utilizzando la firma digitale, ma la normativa vigente lo aveva impedito. Assistito dall’Associazione Luca Coscioni e dagli avvocati Giuliano Fonderico, Filomena Gallo e Marilisa D’Amico, Gentili aveva portato la questione al Tribunale di Civitavecchia, che a sua volta aveva rimesso gli atti alla Consulta.

La Corte ha così riconosciuto che il quadro normativo attuale limita la piena partecipazione alla vita politica per le persone con disabilità. La firma digitale, già utilizzata in molti ambiti, può e deve essere ammessa anche per la sottoscrizione delle liste elettorali.

Un passo avanti per i diritti

L’Associazione Luca Coscioni ha accolto con soddisfazione la sentenza, sottolineando l’importanza di rimuovere le barriere che ostacolano la partecipazione politica. «La tecnologia deve essere un alleato per l’inclusione, non un ulteriore ostacolo», ha dichiarato Marco Gentili, Co-presidente dell’associazione. Ora si attende che il Governo intervenga per adeguare la normativa e rendere effettiva questa conquista di diritti per tutti i cittadini.


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